Cosa prevede la normativa
È bene precisare che in Italia la normativa prevede due distinti criteri per la valutazione della legittimità delle immissioni di rumore nelle abitazioni: da un lato vi è il criterio pubblicistico della “accettabilità amministrativa” che caratterizza i rapporti tra il disturbato e la Pubblica Amministrazione, chiamata a vigilare sui livelli di inquinamento acustico (il cittadino si rivolge al Comune per far si che il rumore prodotto da un’attività produttiva, commerciale o professionale venga ricondotta entro i limiti definiti dal DPCM 14/11/1997), dall’altro vi è il criterio privatistico della “tollerabilità giurisprudenziale” (o anche “normale tollerabilità”) che disciplina i contenziosi tra due privati (disturbato e disturbante) facendo appello all’art. 844 del Codice Civile.
I due criteri presentano molteplici differenze; la prima di esse è relativa alla modalità di misurazione del rumore che caratterizza l’ambiente abitativo quando non è presente il rumore disturbante:
- Il criterio amministrativo prevede che per gli ambienti abitativi non si debbano superare i limiti differenziali tra “rumore ambientale” (registrato quando la sorgente disturbante è attiva) e “rumore residuo” (con sorgente disturbante spenta); tali limiti sono fissati in 5 dB per il giorno e 3 dB per la notte; la normativa definisce che i livelli di rumore residuo ed ambientale vadano descritti con i rispettivi livelli equivalenti Leq (una sorta di media tra i livelli di tutti i rumori registrati durante la misurazione fonometrica).
- Il criterio giurisprudenziale invece prevede che il rumore intrusivo non debba eccedere di 3 dB la “rumorosità di fondo della zona” definita come “quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici di essa, sui quali si innescano di volta in volta rumori più intensi, prodotti da voci, veicoli, ecc.”; la giurisprudenza ormai consolidata indica quale descrittore acustico per il rumore di fondo il livello percentile L95 (vengono presi in considerazione soltanto i rumori che si protraggono per almeno il 95% della misurazione fonometrica).
Altra differenza significativa riguarda la modalità di misurazione del rumore intrusivo:
- Anche in questo caso, come già accennato al punto precedente, il metodo della “accettabilità amministrativa” prevede che il “rumore ambientale” debba essere descritto con il livello equivalente Leq dell’intera misura fonometrica.
- Il metodo della “normale tollerabilità” invece, pur lasciando libero il tecnico acustico di scegliere il descrittore acustico che più si confaccia alla tipologia del rumore intrusivo, fissa il criterio generale che prevede di determinare il livello sonoro del rumore disturbante come media dei valori massimi di livello sonoro istantaneo; ciò per evitare che il rumore disturbante venga “diluito” con il rumore di fondo.
Non è difficile intuire che il metodo della “normale tollerabilità” sia molto più restrittivo rispetto al metodo amministrativo.
È diverso anche il campo di applicazione; mentre il criterio della normale tollerabilità è sempre applicabile (con le sole limitazioni introdotte dall’art. 6-ter della Legge n.13 del 27/2/2009), il criterio dell’accettabilità amministrativa prevede molteplici eccezioni. I limiti differenziali dei 5 dB nel periodo diurno e 3 dB in quello notturno non sono applicabili quando:
- Il rumore disturbante non supera livelli di pressione acustica definiti dalla normativa, al di sotto dei quali “ogni effetto del rumore è da ritenersi trascurabile”.
- Il rumore viene prodotto dalle comuni attività domestiche o dagli impianti a servizio del condominio; il criterio in parola può essere applicato soltanto ai rumori prodotti da attività produttive, commerciali e professionali.